martedì 1 aprile 2008

CARLO V E LA RIFORMA PROTESTANTE

CARLO V e LA RIFORMA PROTESTANTE di Valentina Giovini



La messa al bando di Lutero e la sua condanna da parte della dieta di Worms, riunita da Carlo V nel maggio 1521, non riuscirono, però, ad arrestare la Riforma: insurrezioni sociali ispirati dalle idee di Lutero, benché da lui condannate, scoppiarono fra le classi più povere della Germania meridionale e occidentale (guerra dei contadini, 1524-1525); e soprattutto numerosi principi tedeschi (tra cui i tre elettori di Sassonia, di Brandeburgo e del Palatino) passarono alla religione riformata e sfruttarono a loro profitto i beni ecclesiastici. In particolare mi interessa focalizzare l’attenzione sulla Dieta di Worms in quanto credo che sia il luogo nel quale Carlo V e M.Lutero si incontrarono e si fronteggiarono. Seguiamo la narrazione che di questo ha dato Ronald Bainton. “Il 16 aprile Lutero entrava in Worms su un carro sassone a due ruote insieme con pochi compagni, preceduto dall’araldo imperiale, che portava l’aquila sul mantello”.Duemila persone accolsero il monaco di Wittenberg e lo accompagnarono al suo alloggio. Il giorno dopo, il 17 aprile alle quattro, Lutero fu introdotto di fronte all’imperatore e alla dieta. “La scena si presta ad una descrizione drammatica: da una parte Carlo ... simbolo delle grandi unità del medioevo, incarnazione di una eredità gloriosa, seppure prossima a sparire; dì front a lui un semplice monaco, figlio di un minatore, senza nulla che lo sostenesse salvo la propria fede nella parola di Dio”. Il ventunenne Carlo, reso ancora più giovane dai suoi capelli lunghi e dalla barba rasata, esclamò subito: “Costui non farà mai di me un eretico”.Lutero poteva in quel momento tralasciare le sue idee più audaci, quelle contenute per esempio nella Cattività babilonese e invitare invece “a discutere sulle pretese finanziarie e politiche del papato”: era l’occasione per unire intorno a sé tutta la Germania. Il prelato di Treviri che lo interrogava gli chiese se i libri che stavano là di fronte agli occhi dì tutti erano suoi, e Lutero rispose di sì: una seconda domanda seguì: “Li difendi tutti o non vorresti ripudiarne una parte?”. E Lutero rispose: "Vi prego, datemi il tempo di pensarci". Non era ancora giunta la scena culminante e ancora un giorno gli fu concesso. Il 18 aprile fu scelta per l’incontro una sala più ampia, “che era così affollata che praticamente nessuno, salvo l’imperatore, ebbe posto a sedere”; erano le sei del pomeriggio. Di nuovo Lutero ascoltò la domanda cui non aveva voluto rispondere subito e cominciò a distinguere tre parti delle sue opere. Alcune, disse, trattano di questioni di fede e di vita e altre “la desolazione del mondo cristiano portata dalla vita malvagia e dal cattivo insegnamento dei papisti”; altre ancora riguardano gli individui con cui sono avvenute le polemiche più aspre, nelle quali l’invettiva è stata forse eccessiva. Ma neppure a questi scritti Lutero volle rinunciare, perché anche Gesù aveva detto: “Io sono venuto a portare la spada, non la pace”. Quel frate era dunque venuto per fare una discussione teologica e non per rispondere come un accusato a delle domande. E perciò il nuovo interrogativo fu più secco: “Riprovi, sì o no, i tuoi libri e gli errori che contengono?” E Lutero: “Poiché Vostra Maestà e le vostre signorie desiderano una risposta univoca, risponderò senza ambiguità e senza asprezza. A meno che io non sia convinto con la Scrittura e con chiari ragionamenti — poiché non accetto l’autorità dì papi e concili che si sono contraddetti l’un l’altro —, la mia coscienza è vincolata alla parola di Dio. Non posso e non voglio ritrattare nulla perché non è giusto né salutare andare contro coscienza. Iddio mi aiuti. Amen”."Troppo audace”, commentò il suo protettore Federico di Sassonia. Carlo convocò allora in una seduta separata i sette elettori e i maggiori principi e a sua volta disse: “Voi sapete che io discendo da un lungo lignaggio di imperatori cristiani di questa nobile nazione tedesca, dai re cattolici di Spagna, dagli arciduchi d’Austria e dai duchi di Borgogna. Essi sono stati tutti fedeli sino alla morte alla Chiesa di Roma e hanno difeso la fede cattolica e l’onore di Dio. Ho deciso di seguire i loro passi. Un solo frate che va contro tutta la cristianità di un migliaio di anni deve essere nell’errore. Perciò ho deciso di rischiare le mie terre, i miei amici, il mio corpo, il mio sangue, la mia vita e la mia anima. E non soltanto io, ma anche voi di questa nobile nazione tedesca, su cui cadrebbe eterna vergogna se per negligenza vostra dovesse sopravvivervi non dico l’eresia, ma il mero sospetto di eresia”.Carlo e Martin Lutero non si erano parlati direttamente e non si sarebbero incontrati mai più; il frate, che mai metterà in discussione l’autorità dell’imperatore, teso e sudato, con uno sforzo di volontà supremo, aveva fatto valere il diritto della coscinenza, parlando in tedesco e ripetendo di nuovo le sue parole in latino; Carlo d’Asburgo si era appellato alla tradizione (mille anni) e al senso feudale della fedeltà, verso Dio e il suo onore, nonché all’onore della propria famiglia. Perché una tragedia sia ben riuscita occorre che gli antagonisti incarnino due grandi principi in contraddizione e che allo stesso tempo essi siano due personaggi vivi e veri, con i loro sentimenti e la loro ira. E per questo che l’incontro di Worms si presenta davvero come una tragedia degna di essere riscritta da Shakespeare. Ma dopo la parola “fine” la storia continua. La Riforma uscì dalla coscienza di Lutero e divenne un fatto della coscienza collettiva e della politica; Carlo, a sua volta, fu costretto a patteggiare per più di trent’anni con i luterani, li sconfisse una volta duramente e poi rischiò davvero di perdere nella lotta la sua vita, ma molto più spesso cercò di imporre il compromesso agli stessi cattolici. Alla fine, nel 1555, dovette accettare che l’eresia diventasse la religione di metà Germania. La Riforma, oramai, andava avanti senza ostacoli alcuni.
Inoltre Francesco I si alleò agli Ottomani che nel 1526 sbaragliarono l'esercito di Luigi II d'Ungheria, cognato dell'imperatore, e assediarono Vienna ove Carlo V spezzò la loro offensiva; egli aveva però perso l'appoggio del Papa Clemente VII, alleatosi a Francesco I: si giunse così al celebre "sacco di Roma" da parte dei Lanzichenecchi imperiali nel 1527.Carlo V ottenne un ulteriore successo facendo eleggere re d'Ungheria il fratello Ferdinando e soprattutto ottenendo di essere consacrato imperatore a Bologna nel febbraio 1530 dallo stesso Clemente VII riconciliatosi con lui, conferma solenne dell'incoronazione del 1520.Nel 1529, intanto, Carlo V con la pace detta delle "Due dame" (o di Cambrai), aveva rinunciato alle pretese sulla Borgogna. In seguito, però, il conflitto contro la Francia era ripreso e si svolse soprattutto in Italia, sempre per il possesso del ducato di Milano di cui grandissima era l'importanza strategica, e nel Mediterraneo, di cui i due avversari cercavano di assicurarsi il controllo: Carlo V ricorrendo alla flotta genovese dei Doria, Francesco I a quella turca o ai vascelli barbareschi di Khayr al-Din detto Barbarossa.Complessivamente la guerra si era svolta favorevolmente a Carlo V e nel 1544, con la pace di Crèpy-en-Laonnois, Francesco I rinunciava nuovamente a Milano e le ostilità venivano ancora una volta sospese. Ciò permetteva a Carlo V di dedicarsi interamente a quella che lui considerava la sua missione principale: eliminare l'eresia protestante e restaurare l'autorità imperiale in Germania. Carlo credette di aver finalmente raggiunto lo scopo quando, il 24 Aprile 1547, , trionfò sulla lega dei principi protestanti a Muhlberg, facendo prigioniero l'elettore Giovanni Federico. Il pennello di Tiziano lo immortalò proprio in questo periodo, ritraendolo nella gloria di imperatore trionfante, all'apice della propria potenza: la lega di Smalcalda si era dissolta; il regno di Boemia in rivolta si sottomise a suo fratello Ferdinando e venne incluso nei domini ereditari degli Asburgo; le forze imperiali erano libere di lottare contro i Turchi.Carlo V proclamò alla dieta di Augusta la sua volontà di estirpare l'eresia dalla Germania, che voleva organizzare politicamente; mirava, ancora, a rendere la corona imperiale ereditaria di diritto per la propria famiglia: il primo beneficiario sarebbe stato suo figlio, il futuro Filippo II, nato da Isabella di Portogallo, da lui sposata nel 1526 (Carlo ebbe dalla moglie altri sei figli). Ma i suoi progetti dovevano rivelarsi in gran parte irrealizzabili. Il nuovo re di Francia, Enrico II, mantenne l'alleanza con i Turchi Ottomani e con i principi protestanti di Germania, trovando anche numerosi appoggi politici e finanziari in questo paese, dove l'ispanizzazione sempre più accentuata dell'imperatore, della sua corte e del suo esercito urtava in modo palese i sudditi tedeschi. E sul territorio dell'Impero Enrico II arrecò all'imperatore il colpo più grave, occupando con facilità i tre vescovadi di Metz, Toul e Verdun che poi il duca lorenese Francesco di Guisa difese efficacemente contro un ritorno bellico degli imperiali). Sempre in Germania Carlo V, che aveva ormai abbandonato l'assoluta intransigenza verso i protestanti, fu costretto, con la pace di Augusta del 1555, a riconoscere ai principi luterani la libertà di culto.Visti pressoché fallire i suoi progetti, compreso quello di assicurare alla propria famiglia l'eredità del trono d'Inghilterra facendo sposare a Filippo II Maria Tudor (che mori nel 1558 senza lasciare figli) , Carlo V, travagliato dalla gotta, fiaccato dalle molteplici sconf
itte, rinunciò al potere e abdicò prima a Bruxelles in favore del figlio Filippo II, nel corso di una commovente cerimonia in cui le regine Eleonora e Maria d'Ungheria proclamarono la loro intenzione di seguire Carlo V nel suo ritiro. Il 16 Gennaio 1556 rinunciò alle corone spagnole d'Aragona, di Castiglia, di Sicilia e delle Nuove Indie, sempre a favore di Filippo II; finalmente, il 12 Settembre 1556, rinunciò alla dignità imperiale a favore del fratello Ferdinando. Ritiratosi in Spagna nello stesso 1556, si stabilì nel convento di Yuste, in Estremadura, con l'intenzione di condurre una vita ritirata, che non implicava, però, una totale rinuncia a ogni attività politica, tanto che, tra l'altro, intervenne in seguito per aiutare o consigliare il figlio.Morì a Yuste il 21 Settembre 1558. L'anno seguente, la pace di Cateau-Cambrésis (3 Aprile 1559) consacrava praticamente l'occupazione francese dei tre vescovadi e il predominio spagnolo in Italia. Ma nessuno dei problemi principali era stato risolto e soprattutto ciò che costituiva la più grande sconfitta di Carlo V fu la frantumazione dell'unità dell'impero che egli si era sforzato di mantenere nonostante le insormontabili difficoltà politiche, economiche e religiose.

giovedì 27 marzo 2008

SUCCESSIONE DI CARLO





La successione di Carlo V di Filippo Catani



Nel 1554 si celebrarono le nozze tra Maria Tudor (Maria la sanguinaria), Regina d'Inghilterra e figlia di Enrico VIII, con Filippo; nozze fortemente volute da Carlo V che vedeva nell'unione tra la Regina d'Inghilterra e il proprio figlio, futuro Re di Spagna, un'alleanza fondamentale in funzione antifrancese e a difesa anche dei territori delle Fiandre e dei Paesi Bassi. Per accrescere il prestigio del proprio figlio ed erede, l'Imperatore assegnò a Filippo, definitivamente, il Ducato di Milano e il Regno di Napoli, che andavano ad aggiungersi alla reggenza del Regno di Spagna di cui Filippo era già in possesso da alcuni anni.
Carlo V, a questo punto degli avvenimenti, fu costretto a dover prendere decisioni importanti per il futuro, della sua persona, della sua famiglia e degli Stati d'Europa sui quali si stendeva il suo dominio. Era giunto a 56 anni di età e la sua salute era alquanto malferma.
Come Duca di Borgogna aveva già abdicato in favore del figlio Flippo II, nella città di Bruxelles il 25 ottobre 1555. Il 16 gennaio del 1556 Carlo V cedette le corone di Spagna, Castiglia,
, Sicilia e delle Nuove Indie ancora al figlio Filippo, al quale cedette anche la Franca Contea nel giugno dello stesso anno e la corona aragonese nel mese di luglio. Il 12 settembre dello stesso anno cedette la corona imperiale al fratello Ferdinando. Subito dopo, accompagnato dalle sorelle Eleonora e Maria, partì per la Spagna diretto al monastero di San Jeronimo di Yuste nell'Estremadura.
Il 28 febbraio del 1558, i Principi tedeschi, riuniti nella Dieta di Francoforte, presero atto delle dimissioni dal titolo di Imperatore che Carlo V aveva presentato due anni prima e riconobbero in Ferdinando il nuovo Imperatore. Carlo usciva definitivamente dalla scena politica e morì il 21 settembre 1558.




Filippo II
Nei suoi 42 anni di regno, regnò la pace per un totale di 6 mesi. La morte di Carlo V inoltre divise i territori degli Asburgo, liberando Filippo dall'impegno di governare gli instabili domini tedeschi, che sarebbero stati successivamente conquistati dal ramo austriaco della famiglia.
Il regno di Filippo fu forse l'acme della potenza spagnola in Europa. Dopo la morte di Soliman
o il
nel 1566, l'avanzata turca sul Mediterraneo continuò nel 1570 con la cattura da parte loro dell'isola veneziana di Cipro — l'ultimo avamposto cristiano nella regione. Il Papa e l'Europa cristiana sollecitarono Filippo, al massimo della sua potenza, a fermare l'avanzata ottomana. Filippo formò una Lega Santa per contrastare il potere navale sul Mediterraneo dell'Impero ottomano. Le navi da guerra spagnole e veneziane, rinforzate da volontari accorsi da tutta Europa, sconfissero duramente i Turchi nella Battaglia di Lepanto, combattuta il 7 Ottobre 1571.
Nel 1559 la sessantennale guerra con la Francia si concluse con la firma della Pace di Cateau-Cambrésis. Fece parte del processo di pace il terzo matrimonio di Filippo con la principessa Elisabetta di Valois, figlia di Enrico II di Francia. La sua quarta moglie, Anna d'Austria, figlia di Massimiliano II, gli diede un erede, Filippo III.
Filippo dovette affrontare delle ribellioni contro il suo governo nella stessa Spagna, soprattutto la rivolta dei Moriscos ( discendenti di quei musulmani convertiti con la forza al cattolicesimo durante la guerra della "Reconquista" portata avanti dai re cattolici, Ferdinando d'Aragona e Isabella di Castiglia, e terminata nel 1492 con la vittoria di Granada ). I Moriscos, che all'epoca erano circa 200.000, dislocati nella bassa Castigli
a, erano fonte di preoccupazione per Filippo II che temeva eventuali alleanze con i berberi che abitavano nelle vicine coste del nord Africa. Iniziò una dura repressione dichiarando fuorilegge perfino la lingua araba e provocando una vera e propria diaspora. L'impegno prodotto in queste azioni fu il motivo del ritardo con cui il sovrano accettò di entrare a far parte della Lega Santa tanto auspicata da papa Pio V per frenare l'avanzata turca.
Ma il suo regno fu tormentato da problemi finanziari e minacciate invasioni da parte musulmana, come anche dal conflitto con l'Inghilterra e la rivolta nei Paesi Bassi.
Quest’ultima regione si ribellò apertamente nel 1568 sotto la guida di Guglielmo I d'Orange, principe di Nassau, detto il Taciturno. Egli fu sconfitto dalla brutale reazione spagnola capitanata dal Duca d'Alba, che convocò il Consiglio dei torbidi (o Consiglio del sangue, come sarebbe stato conosciuto in seguito), per condannare a morte migliaia di persone e confiscarne le terre. Ma dopo la pace di Gand nel 1576, le truppe spagnole, poco nutrite e poco pagate, precedentemente considerate invincibili, specialmente dopo la felice campagna contro gli Ottomani, si ribellarono. I calvinisti olandesi dichiararono che i soldati spagnoli dovevano essere espulsi e che loro avrebbero dovuto governarsi con i propri Stati Generali. Ma gli spagnoli sfruttarono le differenze religiose, culturali e linguistiche tra le province settentrionali e meridionali, aizzando i nobili locali uno contro l'altro e riconquistando le province me
meridionali. Sicure dietro la protezione del delta del Reno, le province settentrionali dei Paesi Bassi si organizzarono come le Province Unite.
Le sette Province Unite dichiararono definitivamente la loro indipendenza dal Regno di Spagna nel 1581 (dopo l'Unione di Utrecht del 1579). Il loro leader, Guglielmo I d'Orange fu messo fuori legge da Filippo, e assassinato nel 1584 da un fanatico cattolico.
A parte le perdite per il fallimento di alcune imprese oltremare, la politica interna di Filippo II accelerò il declino economico della Spagna. Troppo potere era concentrato nelle mani di Filippo. A differenza dell'Inghilterra, la Spagna era governata da numerose assemblee: Consigli specializzati per gli affari di Stato, per la finanza, la guerra, e l'Inquisizione. Mai fiducioso verso i propri funzionari, Filippo li fece controllare l'un l'altro, costruendo una burocrazia macchinosa e inefficiente, a volte a danno dello Stato. Il regime di Filippo contrastò nettamente l'agricoltura e favorì l'allevamento di pecore, costringendo la Spagna ad importare enormi quantità di grano e altro cibo dal 1565 circa. Dominando un sistema di classi rigido e conservatore, la Chiesa e l'alta noblità erano esenti dalle imposte (logico, data la loro mancanza di potere parlamentare) mentre la pressione fiscale ricadeva sproporzionatamente sulle classi impegnate nel commercio, nell'artigianato e nella manifattura.
Sotto il regno di Filippo, la Spagna vide aumentare i prezzi del 500%. A causa dell'inflazione e del grande carico fiscale sui manifatturieri spagnoli, le ricchezze della Spagna furono scialacquate dalla ricca aristocrazia su beni importati, e da Filippo nelle sue guerre. Solo i proventi dell'impero coloniale nelle Americhe manteneva la Spagna a galla, nonostante portasse inflazione, prima della prima bancarotta del 1557, a causa dei crescenti costi delle campagne militari.
L'esecuzione di Maria nel 1587 diede a Filippo il pretesto per un'invasione dell'Inghilterra e allestì così la famosa Invincibile Armata, con centotrenta galeoni e trentamila uomini a bordo. Nonostante l'imponenza della flotta spagnola, il cosiddetto "Vento protestante" distrusse le speranze di Filippo, permettendo alla piccola e agile flotta inglese di tartassare i pesanti galeoni spagnoli. La disfatta dell'Invincibile Armata comportò anche il successo della ribellione dei Paesi Bassi. Filippo, malato per i restanti dieci anni della sua vita, lasciò la Spagna arretrata rispetto ai suoi vicini dell'Europa occidentale.
Alla fine del secolo, il regno di Filippo era un fallimento pressoché completo, con i Paesi Bassi liberi e i progetti spagnoli sull'Inghilterra compromessi. Filippo fece bancarotta nel 1596. Morì nel 1598 e gli successe suo figlio, il Re Filippo III.

CARLO V E IL SUO INTRECCIO FAMIGLIARE

CARLO V E IL SUO INTRECCIO FAMIGLIARE di Lucia Laurenzana
L’impero di Carlo V fu costituito da una doppia eredità quella materna e quella paterna. Sua madre era Giovanna d’Aragona detta “la Pazza”,figlia a sua volta di Isabella regina di Castiglia e di Ferdinando sovrano della regione dell’Aragona,suo padre era Filippo d’Asburgo detto “il Bello” erede della corona imperiale di Germania,figlio a sua volta dell’imperatore Massimiliano I d’Asburgo e di Maria di Borgogna che aveva portato in dote le Fiandre.
L‘impero era composto dalla Spagna,unificatasi nel 1469 con il matrimonio tra il sovrano d’Aragona e la regina di Castiglia, il regno di Napoli,compresa la Sicilia e la Sardegna, le Colonie oltre oceano,l’impero di Germania e le Fiandre. Il suo è considerato l’impero più vasto della storia tanto da essere conosciuto come quello su cui non tramontava mai il sole perché quando in Europa era notte nei possedimenti oltre oceano era giorno e viceversa.
Carlo V d’Asburgo nacque a Gand nel 1500.
Trascorse i primi anni della sua vita presso la zia Margherita D’Austria che si preoccupò di curare la sua educazione e la sua formazione culturale scegliendo ottimi insegnanti.
Nel 1516 dopo la morte di Ferdinando d’Aragona gli successe il nipote Carlo V che ereditò tutti i domini spagnoli comprese le colonie.
Nel 1519 morì anche Massimiliano I d’Austria gli successe il nipote Carlo V che aggiunse ai possedimenti spagnoli anche quelli imperiali e le Fiandre.
Il 23 ottobre 1520 venne incoronato imperatore ad Aquisgrana mediante i voti che aveva ottenuto dai principi fiamminghi ,gli occorrevano i voti dei principi poiché l’impero tedesco era ancora una monarchia elettiva.
Il re di Francia Francesco I aveva proposto la sua candidatura al trono imperiale con scarso successo e reagì alla supremazia di Carlo V muovendogli guerra..
Francesco I nel 1521 scese in Italia per conquistare il ducato di Milano,che era stato già conquistato in precedenza da Luigi XII di Francia. Da quel anno cominciò una lunghissima guerra tra le due potenze più importanti d’Europa che si sarebbe conclusa soltanto nel 1559 con la pace di Cateau-Cambresis che verrà stipulata dai loro rispettivi eredi.
L’impero di Carlo V era talmente vasto che anche se il sovrano cercava di essere presente in tutti i suoi territori viaggiando di continuo ma non vi riuscì e fu costretto a nominare dei viceré.
Il suo impero,proprio a causa delle sue dimensioni, non era una nazione unita e compatta,i suoi territori erano quasi semi-autonomi al contrario della Francia che era diventata una nazione solida e compatta. Alcuni dei territori governati da Carlo V durante questa lunghissima guerra si schierarono in favore di Francesco I re di Francia.

Francesco I morì nel 1547 gli successe il figlio Enrico II che continuò la sua politica anti-asburgica.
Carlo V abdicò dividendo il suo impero tra suo figlio Filippo II e suo fratello Ferdinando I. A Filippo II affidò nel la Spagna e le colonie (1545),le Fiandre (1555) ed il ducato di Milano (1554),ed a Ferdinando I la corona imperiale degli Asburgo (1556).
La guerra tra la Francia e la Spagna proseguì avendo come contendenti i rispettivi eredi dei due sovrani.
Carlo V si ritirò presso il Monastero di S.Jeronimo de Yuste nel 1558 dove rimase fino alla sua morte,pur continuando ad intervenire attivamente nei problemi della Spagna

LE GUERRE IN ITALIA

LE GUERRE IN ITALIA di Ivan Pollazzi

L’incoronazione di Carlo V a imperatore nel 1520, accese le discordie con Francesco I di Francia, discordie che scoppiarono nel 1521 in una serie di conflitti, che si trascinarono senza soluzione di continuità fino al 1544.
Nel 1521, la prima guerra, che terminerà nel 1525, cominciò con il tentativo di annessione –riuscito- del ducato di Milano da parte dell’imperatore, che vi reinsediò gli Sforza. L’imperatore fu quindi subito favorito alla vittoria finale, che ottenne il 24 febbraio 1525 a Pavia, battaglia ove lo stesso re Francesco I fu fatto prigioniero; questi fu quindi costretto a firmare un trattato di pace, quello di Madrid, firmato l’anno successivo, che lo vedeva cedere il ducato di Milano e la Borgogna all’imperatore.
Questo trattato, molto oneroso, convinse Francesco a creare un’alleanza antiasburgica, la lega di Cognac, che annoverava Firenze, le repubbliche di Genova e Venezia, il duca di Milano, il Papa e gli Ottomani, che nel frattempo avanzavano a oriente. L’imperatore scese immediatamente in Italia con un esercito di mercenari luterani tedeschi, i Lanzichenecchi, che sbaragliarono l’esercito della Lega il 6 maggio 1527 e che si diressero a Roma, dove papa Clemente VII stesso, dovette asserragliarsi per 8 mesi in Castel S. Angelo, mentre i mercenari saccheggia
vano la Città. Questo portò allo scioglimento della Lega a alla firma di patti che assicurarono, a Carlo, un po’ di tranquillità e che si firmarono a Barcellona nel 1529 e a Bologna nel 1530; qui Carlo ridiede spolvero a un antico rito medievale, in cui il Papa gli pose sul capo sia la corona ferrea, che quella imperiale. La profonda crisi del papato, spinse Genova ad allearsi con Carlo V, Venezia ad invadere lo Stato Pontificio impadronendosi di Ravenna, e Firenze a scacciare i Medici – famiglia di cui faceva parte il Papa -. Nel 1529 fu firmato anche il trattato di Cambrai, che pose termine al conflitto italico di Francesco I: questo trattato imponeva la rinuncia di Francesco I sul ducato di Milano –restituito al duca Francesco II Sforza - in cambio alla rinuncia di possibili rivendicazioni di Carlo V sulla Borgogna.
L’Italia così si riconfigurava definitivamente nel 1535, con l’annessione del ducato di Milano alla morte senza eredi di Francesco II Sforza, preceduto dal ritorno dei Medici a Firenze e dalla creazione di una lega degli stati italiani, lega che doveva garantirgli la pace e la tranquillità nella Penisola. Dal ’30 al ’35 quindi Carlo V tentò di riorganizzare l’impero, ma il ducato di Milano continuava a costituire pretesto per le lotte, tra i due grandi protagonisti della storia europea dell’epoca. Due furono le guerre scatenate da ciò: una nel 1535, terminata nel 1537 e l’altra nel 1542, che terminò nel 1544 ma come prevedibile fu sempre Francesco I ad avere la peggio e sempre lui, ogni volta, assicurò la rinuncia a ogni pretesa di diritto sul ducato. L’unico ad approfittare di queste guerre fu il papa Paolo III (1534-1549), che riuscì a creare per il proprio figlio, Pier Luigi Farnese, il ducato di Parma e Piacenza.
Ecco come raccontava gli avvenimenti un capitano dell’esercito imperiale che partecipò al Sacco di Roma:

Il 6 maggio abbiamo preso d’assalto Roma, ucciso seimila uomini, saccheggiato le case, portato via quello che trovavamo nelle chiese e dappertutto, e finalmente incendiato buona parte della città. Strana vita davvero! Abbiamo lacerato, distrutto gli atti dei copisti, i registri, le lettere, i documenti della curia. Il papa è fuggito in Castel Sant’Angelo con la sua guardia del corpo, cardinali, vescovi, abitanti di Roma e membri della curia sfuggiti al massacro. L’abbiamo assediato per tre settimane fino a che, spinto dalla fame, dovette consegnare il castello. Quattro capitani spagnoli, fra cui un nobile, l’abate de Najera, e un segretario imperiale, sono stati delegati dal principe d’Orange per la consegna del castello. Il che fu fatto. Là abbiamo trovato il papa Clemente con dodici cardinali in un ripostiglio. Il papa ha dovuto firmare la convenzione di resa che gli ha letto il segretario. Tutti si lamentavano miseramente; piangevano molto. Siamo tutti ricchi.
Avevamo occupato Roma solo da due mesi che già cinquemila dei nostri morirono di peste, perché non si seppellivano i cadaveri. In luglio, mezzi morti, lasciammo la città per le Marche allo scopo di trovare un’aria migliore.

[A. Saitta, Antologia di documenti e di critica storica]